(U.G.) Antonio Rallo è stato riconfermato lo scorso marzo alla presidenza del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia che ha anche allargato il Consiglio d’amministrazione a 12 componenti. Contitolare con la sorella José e la madre Gabriella dell’azienda Donnafugata, è certamente uno dei produttori più noti e lungimiranti del panorama enologico nazionale. In una contingenza delicata, che ha messo in grave difficoltà tutta l’economia mondiale, il settore vino non fa eccezione. Antonio Rallo è un osservatore privilegiato e in questa intervista a tutto campo fa il punto della situazione dei vini siciliani, in grande ascesa ovunque, prima dell’emergenza Covid, svelando i progetti per continuare a promuoverli sempre e comunque.
Quali difficoltà specifiche stanno attraversando i produttori di DOC Sicilia in conseguenza della crisi sanitaria ed economica dovuta al Covid-19?
Il comparto del vino italiano vale intorno agli 11 miliardi di euro e – causa crisi – perde 350 milioni di euro al mese di fatturato. Il vino siciliano non è immune e subisce un calo mensile in media del 40% in volume di bottiglie vendute. Le perdite però sono differenziate: risultano più penalizzate le aziende che chiudono la filiera, presenti soprattutto nel settore del consumo fuori casa: la ristorazione, le enoteche e i wine-bar. Parlo di quei vini venduti di solito a prezzi superiori perché di qualità superiore. Questo si spiega perché da febbraio a pochi giorni fa il lock down ha riguardato tutto il mondo con un effetto a catena, a causa dei locali chiusi: l’asporto ha potuto ben poco. In questo settore specifico – la ristorazione – registriamo un crollo del 90% del fatturato. Non solo: da tre mesi scontiamo duramente lo stop delle visite in azienda, considerato che il trimestre marzo-maggio è vitale per il turismo del vino anche da noi in Sicilia.
E nella GDO va meglio?
Ottima performance nel settore GDO e nei canali online. La Sicilia è cresciuta bene in questi mesi. Soprattutto per l’e-commerce è stato apprezzato l’ottimo rapporto qualità prezzo della produzione siciliana: i vini bianchi sono risultati campioni d’incasso in molti siti. Nel complesso però, dal punto di vista economico, le vendite GDO e l’online valgono una piccola fetta rispetto ai canali della ristorazione e dell’HoReCa.
Qual era l’andamento dell’export dei vini DOC Sicilia fino al febbraio scorso?
I primi due mesi sono andati molto bene sia in Italia che all’estero. Il trend per la Sicilia è favorevole. Abbiamo spinto parecchio, grazie all’attività promozionale del Consorzio, verso i mercati principali: Stati Uniti, Canada, Cina, Germania ci hanno portato in dote la fidelizzazione dei consumatori verso il vino siciliano. Non vorremmo sprecarla in futuro, per colpa del lock-down. Ma non conosciamo ancora i numeri precisi relativi ai primi due mesi perché risulta complicato estrapolare i dati dai siti di partenza dei vini per l’estero: i vini siciliani non fanno quasi mai dogana dalla Sicilia e i numeri risultano falsati. Dai dati del Consorzio, comunque, i primi due mesi sono stati ottimi per il nostro export. Ad eccezione dell’Asia dove già a fine gennaio erano stati cancellati gli ordini e qualche produttore ha perso la vendita.
Com’è andato l’imbottigliamento nel primo quadrimestre 2020?
Ovviamente è in calo per tutte le tipologie: registriamo un – 17 % dei bianchi e un – 8% fra i rossi. Tiene meglio il Nero d’Avola (-5%), rispetto al Grillo (-13%).
Quanto pesa l’export del vino siciliano verso il mercato asiatico?
La quota dei nostri vini superava il 10% su questi mercati. E’ il mercato dove – prima del Covid-19 – crescevamo di più. Le nostre etichette hanno sempre venduto molto bene in Giappone e stavano spingendo parecchio anche in Cina e in Corea del Sud senza dimenticare i nuovi mercati dei paesi “giovani” consumatori di vino come Vietnam, Malaysia e Thailandia.
Se nei mercati asiatici la riapertura avverrà in tempi rapidi, stimiamo di poter recuperare ancora nel 2020, addirittura con un piccolo margine di crescita. Ovviamente il nostro principale mercato di riferimento è rappresentato dagli Stati Uniti mentre in Europa siamo forti in Germania e Gran Bretagna. Ma con tutti i locali chiusi o in riapertura da poco, le vendite sono state praticamente inesistenti o quasi.
Quali sono i territori del vino siciliano più penalizzati in questo momento?
Dalle nostre rilevazioni settimanali risulta che Grillo e Nero d’Avola continuano ad andare molto bene. Ovviamente soffrono di più i vini tipici da ristorazione: per esempio la parte alta di gamma della DOC Sicilia, così come le altre DOC siciliane. In particolare tutti quei vini bevuti nel consumo fuori casa, come per esempio quelli della DOC Etna, più penalizzati per i prezzi medio-alti.
Il vino invenduto sarà dirottato alla distillazione?
Ad oggi le giacenze in cantina sono ancora inferiori a quelle dell’anno scorso, a pari data, ma è un vantaggio che gradualmente sta svanendo. La Sicilia però è in una posizione migliore, rispetto al resto del Paese, perché la nostra vendemmia 2019 è stata eccezionale per qualità ma scarsa per quantità. Siamo partiti con giacenze basse e vini molto buoni. Tutte le cantine sociali dell’isola stanno continuando a vendere molto bene e non abbiamo grandi giacenze. Ovviamente il mercato è globalizzato: perciò il calo dei consumi ancora in atto vedrà le giacenze consolidarsi. Siamo quasi in vista della vendemmia e speriamo tutti in una ripresa delle vendite. Noi vediamo positivamente la distillazione di alcune quantità di prodotto in giacenza anche se ci dispiace moltissimo veder bruciare alcune tipologie di vini prodotti con così tanta passione e fatica. Vediamo con favore la soluzione distillazione in particolare per i vini bianchi, non solo da tavola ma anche IGT e DOC, fatta a prezzi differenziati per tipologie. In Sicilia la resa media dei vini è stata 40 ettolitri per ettaro, e negli anni scorsi non abbiamo mai superato i 50. Non possiamo svendere a pochi centesimi per litro perché andremmo in perdita e metteremmo a rischio l’intero vigneto Sicilia.
Qual è la situazione OCM paesi terzi? C’erano 2 miliardi di euro da investire…
Li stiamo utilizzando, eccome! Ci riuniamo in Cda ogni settimana proprio per monitorare la situazione dei mercati. Negli Stati Uniti abbiamo creato già nei mesi di gennaio e febbraio – a causa dell’incertezza dazi – una campagna di “mantenimento”. Stiamo continuando ad investire, con il freno a mano tirato, causa pandemia. In Cina abbiamo frenato in febbraio, ma a marzo abbiamo ripreso gli investimenti per la comunicazione – in collaborazione con l’ufficio ICE di Pechino – attraverso l’utilizzo del canale digital. Noi siamo determinati e fiduciosi: prevediamo entro la fine dell’anno di riproporre quegli appuntamenti sulla formazione del vino siciliano che hanno portato numerosi stakeholders del vino cinese a conoscere e approfondire la loro cultura sul vino siciliano. Assicuro che tutto le iniziative già decise per promuovere il vino siciliano nel 2020 saranno comunque realizzate. Al momento siamo più focalizzati sulle attività social e sugli articoli giornalistici. Presto ripartiremo con le attività sul campo, come le degustazioni a gruppi – nel rispetto delle regole di sicurezza – che riteniamo fondamentali in un mercato ancora giovane per il vino come quello asiatico.
Quai sono i numeri di DOC Sicilia oggi e in proiezione 2020?
Nel 2019 hanno prodotto vini DOC Sicilia 8354 viticoltori; 461 sono le aziende che confezionano DOC Sicilia. Il vigneto della DOC è vasto circa 25 mila ettari. Abbiamo superato 95 milioni di bottiglie nel 2019 con un incremento del 19% rispetto al 2018. Nel 2020 – vista l’attuale contingenza – speriamo di chiudere in pareggio, ma con ogni probabilità avremo una leggera flessione. In Cda ci incoraggiamo a vicenda dicendoci: l’importante è che la fetta della torta DOC Sicilia sia sempre più grande. La presenza dei nostri vini sui mercati continua a crescere e se nel 2020, nel mondo, si berranno meno bottiglie … pazienza! Ce ne faremo una ragione, ma non molliamo e non sarà certo un virus a fermarci! DOC Sicilia attualmente è fra le prime quattro DOC in Italia per bottiglie prodotte.
Dal gennaio 2021 sarà introdotta la fascetta numerica per i vini DOC Sicilia che saranno controllati proprio come una DOCG: con quali vantaggi concreti per produttori e consumatori?
La tracciabilità è fondamentale. Migliora la capacità di controllare e tutelare sia il produttore che il consumatore per evitare che finiscano sul mercato bottiglie con etichetta non corrispondente al contenuto. Siamo molto contenti di passare al contrassegno di verifica. Abbiamo dato tempo ai piccoli produttori di adeguare le linee di imbottigliamento, accogliendo la richiesta di poter posticipare l’utilizzo della fascetta. La forza intrinseca della DOC Sicilia risiede nella grande varietà di aziende associate: da quelle piccole e molto piccole alle medie e grandi realtà come le cooperative. Alla fine si riesce sempre a trovare una sintesi per il bene generale della filiera enologica siciliana.
Ci sono però dei produttori che imbottigliano DOC Sicilia fuori regione…
Sì, ci sono, come in tutte le DOC italiane e non. Sono produttori in possesso delle deroghe previste dalla legge e possono imbottigliare DOC Sicilia fuori dall’isola. Lo prevedono i regolamenti comunitari. Preciso che non ci saranno nuove aziende extra-Sicilia che potranno imbottigliare fuori dall’isola. Potranno farlo solo quelle che a suo tempo hanno ottenuto questa deroga dal Ministero. Esistono i controlli su tutti i vini imbottigliati DOC Sicilia – inclusi quelli fuori regione – eseguiti dal Consorzio insieme all’ICQRF. In futuro, grazie all’introduzione della fascetta, i controlli saranno più vincolanti. Tutti i nostri produttori percepiscono la nostra DOC come una denominazione molto controllata. Il Consorzio esegue prelievi sui campioni di vini, non solo nella GDO italiana, ma anche all’estero, sui siti della distribuzione online e sui monopoli. Verifichiamo che nelle bottiglie di vino DOC ci sia solo vino proveniente da uve coltivate nella nostra isola.
Dal 2017 Nero d’Avola e Grillo possono apparire in etichetta solo come DOC Sicilia. Perché questa scelta? Alcuni produttori che non l’hanno condivisa hanno fatto ricorso al TAR del Lazio – che ha dato loro ragione – ma poi il Consiglio di Stato si è opposto alla sentenza del TAR ripristinando la situazione favorevole per il Consorzio. Perché questo contenzioso?
Bisogna fare un po’ di storia e tornare indietro. Prima di DOC Sicilia c’era IGT Sicilia, denominazione questa che permetteva di valorizzare e proteggere il tesoro del produttore siciliano scrivendo in etichetta il nome della nostra isola. Un marchio conosciuto in tutto il mondo. Nella classifica dei marchi italiani più famosi, troviamo nell’ordine Italia, Toscana e Sicilia. Un grandissimo valore per noi. Abbiamo tutelato il marchio Sicilia prima con una IGT e poi, dal 2012, con una DOC. La DOC, rispetto ad una IGT, consente maggiori e puntuali controlli su tutto il vino commercializzato, attraverso analisi chimiche ed organolettiche, mentre sull’IGT le verifiche si fanno a campione. Passare a DOC ha significato maggior controllo e protezione del nome Sicilia con vantaggi per produttori e consumatori. Successivamente, dal 2017, abbiamo pensato di proteggere i due vitigni autoctoni di maggior successo: Grillo e Nero d’Avola. Nel farlo siamo stati tutti uniti, almeno al 99,5%. Anche altre DOC possono indicare in etichetta il nome del vitigno, vedi DOC Noto, DOC Vittoria, per fare esempi. Ricordo le parole di un dirigente dell’assessorato regionale all’Agricoltura che stimolarono noi produttori: da analisi fatte, sembrava che ci fosse molto più Nero d’Avola di quanto effettivamente coltivato sull’isola. Ciò dipendeva dal fatto che con l’IGT non si riusciva ad avere in controllo puntuale- Sappiamo benissimo che un vino IGT può subire il taglio con vini provenienti da altre regioni, ma non è il caso di IGT Sicilia. Il grande lavoro svolto dall’IRVO (Istituto Regionale Vino e Olio), organo regionale di controllo, grazie anche alla piattaforma su cui transitano tutte le nostre produzioni e grazie al lavoro del Consorzio, ci ha permesso di tutelare i due vitigni principali, di valorizzarli e promuoverli. Un Consorzio ha la capacità di farlo anche in rappresentanza delle piccole aziende siciliane che non dispongono dei mezzi necessari. Non solo: le campagne organizzate da DOC Sicilia hanno permesso a molti consumatori di conoscere più velocemente questi due vitigni e di avvicinarsi ai vini che ne derivano.
Parliamo del contenzioso. Sia il Ministero delle Politiche Agricole, che la Regione Sicilia e DOC Sicilia si sono opposti alla sentenza del TAR del Lazio che dichiarava illegittimo l’obbligo di indicare in etichetta Nero d’Avola Grillo solo come DOC Sicilia. Il Consiglio di Stato ha accolto il nostro ricorso con una sospensiva. Il giudizio sul merito ci sarà a fine maggio. Noi siamo assolutamente convinti della bontà del nostro progetto. Qualche produttore, inizialmente dubbioso, poi si è dichiarato d’accordo. Darsi delle regole – nella DOC – porta ad avere più controlli sulle produzioni: bisogna attendere la certificazione per commercializzare i propri vini, ma poi dall’altra parte se si crea un valore si ha un maggiore apprezzamento sul mercato. Capisco bene: c’è chi fonda sul proprio marchio la forza della propria azienda; e c’è chi, invece, riconosce grande valore ai vitigni del territorio per costruire il successo della propria azienda in sinergia con il proprio marchio.
Faccio una considerazione più ampia, guardando fuori dalla nostra regione, dove non ci sono grandi aziende: il primo produttore di vini in Italia fa 600 milioni di euro di fatturato; negli Stati Uniti, la Gallo arriva a 4 miliardi di fatturato. Quando andiamo su mercati nuovi come la Cina capiamo al volo perché noi, come Italia, stentiamo ad imporci, perché in fondo siamo ancora piccoli di dimensioni. Ci manca il budget degli altri e la capacità di fare sistema, che in passato non avevamo, ma oggi sì: come DOC Sicilia, tutti insieme siamo più forti.
Il contenzioso? Non vogliamo che nessuno venga danneggiato. Prima avevamo tentato un accordo con gli autori del ricorso al Tar, ma a questo punto la palla è passata ai giudici. Non ci sono più margini di trattativa. Chiarisco una volta per tutte: il Cda e l’assemblea della DOC Sicilia non vogliono danneggiare nessuno. Ma ognuno è libero di pensare e agire diversamente.
La querelle con la Puglia sul Primitivo. Qual è la posizione del Consorzio che lei presiede?Non riesco a capire i termini della questione. La Puglia può coltivare il Nero d’Avola e la Sicilia può coltivare il Primitivo. Poi, come dicono gli americani, full stop. Non aggiungo altro. E’ stato chiarito tutto dall’assessore regionale siciliano all’Agricoltura. Non ci sono richieste da parte della Sicilia per cambiare lo stato delle cose in quest’ambito, né ci sono richieste, dalla Sicilia, per poter inserire il nome del Primitivo in etichetta. Ricordiamoci sempre che il Nero d’Avola può essere coltivato in altre regioni: questa è la situazione.
Quando avremo alle spalle la crisi Covid, quale sarà il primo passo che farete per consolidare e valorizzare il brand Sicilia?
Nei prossimi due mesi daremo il via a una nuova campagna promozionale in Italia e in Germania. Abbiamo deciso di rallentare e aspettare il momento giusto per ripartire con i nostri piani, approvati a febbraio in assemblea. Andremo avanti con attenzione, seguendo tutti i mercati. E’ certo però che nei prossimi mesi vedrete più Sicilia in tutti canali, dai televisivi al digitale. Una vera e propria campagna promozionale ben articolata e capillare.
Per muovervi fisicamente invece…
Ci vorrà del tempo. Al momento DOC Sicilia opera parecchio sui social. Stiamo continuando a spedire campionature a tutti gli appassionati dei vini siciliani. Per mantenere vivo il contatto con i vini della nostra terra.