di Patrizia Pittia
Era Il 15 febbraio 1585 quando Lavinia di Cucagna, dei Conti Freschi di Cucagna, signori del castello di Buttrio, andò in sposa al conte Pompeo di Maniago portando in dote l’attuale azienda d’Attimis Maniago, che, a tutti gli effetti è la più antica del Friuli Venezia Giulia dato che è di proprietà sempre della stessa famiglia da tale data. Per i secoli di storia che si porta dietro, e non solo, vale perciò una visita curiosa e accurata.
Perciò decido di accompagnare in visita il mio gruppo di fedeli enoappassionati. E’ una solare domenica di febbraio: ad accoglierci il Conte Alberto d’Attimis Maniago che ha preso la conduzione dell’azienda dal 1986, alla morte dello zio Gianfranco. E’ accompagnato dal figlio Fabio, studente di Economia, mentre l’altro figlio Guido sta seguendo il suo percorso in Enologia a Milano. Siamo alla diciottesima generazione.
Iniziamo con un brindisi di benvenuto nell’edificio che un tempo ospitava le stalle: pavimento in sassi, travi a vista, stampe storiche, bottiglie alle pareti tra luci soffuse. Si brinda con una bollicina da vitigno autoctono: la Ribolla Gialla, uno spumante brut, metodo Martinotti, piacevolmente fresco, sapido, fruttato e agrumato. Per il conte Alberto i vitigni autoctoni della regione sono un importante patrimonio da salvaguardare, senza dimenticare però l’apporto degli internazionali.
Nel Vigneto
Ora il programma prevede una visita ai vigneti che fanno parte di un unico appezzamento attorno alla proprietà: un centinaio di ettari di cui 86 vitati a una altitudine di 200-270 s.l.m.
La giornata soleggiata invoglia a incamminarci alla scoperta dei vigneti terrazzati. Dopo il riposo invernale le viti sono pronte per le potature. Il conte Alberto ci spiega che la tecnica di taglio è fondamentale, compreso il piegamento dei tralci che servono a dare una forma ben definita per programmare il numero di gemme che si desidera avere. Il terreno è parte vitale, le marne arenarie eoceniche stratificate (ponca) alimentano la vite; la perfetta esposizione, l’escursione termica e la zona boschiva porteranno ad ottenere vini territoriali. Nel vigneto dimorano filari storici e anche più giovani, Alberto ci spiega che c’è sempre una ricerca del miglioramento qualitativo che si basa in primis sulla sostenibilità. Il cartello ai margini del vigneto con il disegno dell’ape conferma la certificazione SQNPI (lotta integrata): prevede rispetto ambientale, colturale e fitosanitario nell’ottica di un minor impatto verso l’uomo e l’ambiente.
Non senza un pizzico di orgoglio, Alberto racconta che nei loro vigneti dimorano le piante più storiche del Picolit di tutta la regione. Per chi non lo sapesse, è questo un vitigno che produce molto poco, causa il fenomeno dell’acinellatura o aborto floreale per una mancata fecondazione del fiore. Crescono grappoli spargoli dai quali si ottiene un vino passito bianco di altissima qualità. Nei documenti del ricco archivio di famiglia si conserva una lettera datata 25 marzo 1765 in cui il Senato Veneto chiedeva all’allora conte d’Attimis Maniago l’invio di una dozzina di bottiglie di Picolit, già molto apprezzato per le sue caratteristiche.
Rientriamo in azienda. Dalle spiegazioni del Conte traspare tutta la passione per la sua attività. Nel cortile, protette dagli alberi, sono collocate le cisterne in acciaio inox per la macerazione dei vini rossi prima della vinificazione: tutto avviene a temperatura controllata. Sotto il porticato ecco le tre presse che accolgono le uve dopo la vendemmia: due sono di nuova generazione per la pressatura soffice a membrane, spiega Fabio Attimis.
La visita prosegue nella immensa sala a semicerchio dove troviamo un grande manufatto in cemento armato con moduli sovrapposti da 150 a 250 ettolitri: all’interno le vasche coibentate, separate l’una dall’altra. Il Conte ribadisce che in azienda si è sempre usato il cemento perché mantiene costante la temperatura di affinamento dei vini. Moderno l’impianto di imbottigliamento ed etichettatura. Una curiosità: le prime etichette furono stampate nel 1930.
Sotto il nucleo originale della casa è ospitata la suggestiva cantina sotterranea del Cinquecento, per lo stoccaggio delle bottiglie, in attesa della vendita e non manca la cantina delle botti per l’affinamento dei vini rossi.
Prima di salire in sala degustazione, passando dalla corte interna, una visita alla storica cappella di famiglia dedicata alla Santissima Trinità. Di rilievo la pala del 1619 collocata sull’altare. In origine era collocata in un’altra zona della chiesa che nel 1765 venne demolita e ricostruita in pietra nella sua posizione attuale. Da struttura fortificata, nei secoli gli edifici aziendali hanno subito diverse trasformazioni per essere adattati alle nuove esigenze della vitivinicoltura.
La degustazione
Si svolge nella sala degustazione che si trova al piano superiore della cantina: la si raggiunge tramite una scala in legno con travi a vista e pareti in sasso. Sulla grande tavolata, i calici, salumi e formaggi tipici friulani. ecco i vini assaggiati.
Friulano DOC – COF (Colli Orientali del Friuli) 2021
E’ un’etichetta della Linea Classica aziendale. I vigneti del Tocai Friulano di 20-40 anni, crescono nella parte bassa della collina. Si ottengono così vini dalle gradazioni alcoliche più contenute. Giallo paglierino, al naso note fruttate di mela e floreali di gelsomino; al sorso scorre fresco, supportato da intensa sapidità, gradevole, equilibrato, con una scia di leggera mandorla nel finale.
Linea Selezione
Malvasia 2020
Un altro autoctono dalle grandi potenzialità. Breve macerazione a freddo, segue pressatura leggera, vinificazione e affinamento sui lieviti in cemento con 20 giorni di battonage. Sensazioni solari al naso, fra albicocca ed erbe aromatiche. Al gusto è fresco, morbido, minerale, aromatico, nel complesso intenso.
Florea Sauvignon Rytos 2020 IGT – varietà PIWI
Anche l’azienda D’Attimis Maniago ha scelto di mettere a dimora alcuni filari di Piwi, acronimo tedesco di Pilzwiderstandfahig che significa “resistenti ai funghi”: sono frutto di incroci tra varietà della Vitis Vinifera e una piccola parte di altre Vitis di origine americana, asiatica ecc. dai quali riceve i geni di resistenza alle principali malattie fungine (oidio, peronospora, botrite). L’incrocio viene fatto in modo naturale attraverso impollinazione e selezione. Non sono OGM. Con i PIWI si abbattono in modo drastico gli interventi in vigna e perciò meno pesticidi, acqua e CO2. Dopo la vinificazione, affinamento di pochi mesi in bottiglia. Al naso sentori di thè e frutta matura, al sorso ritornano le note fruttate; è minerale, caldo e di struttura, con un interessante quadro aromatico.
Schioppettino DOC COF 2019
Il vitigno è la Ribolla Nera, un grande autoctono friulano di origini antiche. Dopo la vendemmia le uve rimangono in macerazione per alcuni giorni in contenitori d’acciaio a temperatura controllata per l’estrazione di tutti gli aromi varietali; seguono pressatura, fermentazione alcolica, affinamento sui lieviti e maturazione in botti di rovere.
Rosso rubino intenso, ha sentori di piccoli frutti rossi, mora, lampone, pepe nero, liquirizia; al sorso è ampio e con tannini morbidi e avvolgenti.
Pignolo DOC COF 2013
Un altro grande vino rosso autoctono, originario della zona collinare di Buttrio, di cui esistono documenti che ne testimoniano la coltivazione già prima del seicento. Il suo nome deriva da pigna, dal grappolo compatto e cilindrico. Questo vitigno rischiava l’estinzione e solo grazie all’opera di pochi produttori è stato nuovamente valorizzato, entrando nel 1995 nella Doc dei Colli Orientali del Friuli.
La vinificazione prevede una lunga macerazione; dopo la fermentazione riposa 30 mesi in barrique.
Al naso frutta sotto spirito, mirtillo e amarena e poi una sequenza di eucalipto, balsamico, note tostate, caffè e radice di liquirizia. Al sorso ritornano le note tostate e balsamiche, è caldo con tannini presenti ma non aggressivi. Un rosso che ha ancora tanto da raccontare. Da tenere in cantina: chapeau!
Verduzzo “Tore delle Signore” DOC COF 2021
Il nome fa riferimento a una torre che costituiva il nucleo centrale della casa, decapitata nel 1739 per costruire un granaio. Le uve vengono raccolte a vendemmia tardiva con appassimento a ventilazione naturale. Giallo dorato nel calice, profuma di frutta candita disidratata e miele; al palato fresco, dolce, non stucchevole, elegante, equilibrato.
Le ore sono volate piacevolmente: la visita dal Conte d’Attimis Maniago è stata una full immersion di storia, arte e vino. Auguriamo al conte Alberto e ai figli Fabio e Guido, fieri del loro passato, di proseguire con la passione e l’impegno già ampiamente dimostrati, una lunga storia di famiglia.