(WP) E’ difficile tenere a bada le emozioni quando apprendi della scomparsa di un’amica. Non ci credi, rifiuti la notizia. Ma purtroppo è vero. Silvia Maestrelli la conoscevamo bene. E le volevamo bene! Non solo una viticultrice, bensì una donna del vino di una generosità unica. Ci ha lasciati a 54 anni, dopo una lunga malattia che per tanto, troppo tempo l’aveva costretta a non tornare nella sua amata Tenuta di Fessina, in contrada Rovittello, sul versante Nord dell’Etna. Negli ultimi tempi era stata duramente provata: solo tre anni fa (nel maggio 2019) aveva perso il marito, Roberto Silva, morto in un incidente stradale durante una gara ciclistica.
Quello che ci ha subito colpito di Silvia è sempre stato il suo modo di fare garbato, il sui accento toscano simpatico, con cui più che raccontare, porgeva all’interlocutore la sua esperienza di vita e lavoro in quel di Tenuta di Fessina, la sua lucida progettualità. Delle terre di Rovittello si era innamorata subito: un colpo di fulmine! Lei, il marito e l’enologo valdostano Federico Curtaz (oggi anche lui produttore apprezzato etneo), decisero in breve di puntare forte su quegli antichi vigneti ad alberello della famiglia Musmeci. Proprio li, a due passi dalla Circumetnea.
Le sue scelte enologiche sono sempre state lungimiranti ma non c’erano dubbi perché Silvia proveniva già dall’esperienza toscana di Villa Petriolo, la tenuta di famiglia. In Sicilia ha portato il suo innato gusto per il bello. E lo si vede girando per Tenuta di Fessina dove si apprezza sempre l’attenzione estrema per l’ospite che tutto lo staff, guidato dal giovane Jacopo Maniaci, persegue con grande dedizione.
Personalmente, rimane indelebile il ricordo di un Sicilia en primeur del marzo 2011, in cui Silvia accolse un gruppo di giornalisti nella sua cantina, con accanto Federico Curtaz. Chiese all’altro amico produttore Alberto Aiello Graci e a sua sorella Elena di rimanere con noi durante la visita. E poi la foto ricordo tutti insieme. Il segno dello spirito di accoglienza e di “squadra” dei viticoltori etnei.
Ciao Silvia, riposa in pace. Le condoglianze di WiningPress ai familiari e in particolare alla figlia Lavinia e a tutto lo staff di Tenuta di Fessina.
Qui di seguito, un nostro ricordo dedicato a Silvia Maestrelli: il servizio reportage su Tenuta di Fessina pubblicato 10 anni fa.
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(U.G.) Il trenino verde e bianco sferraglia sul binario unico della Circumetnea. Poco più in là, le curve della statale 120 che tratteggiano i piedi della “muntagna“. A un tiro di schioppo, la chiesetta in pietra lavica delimita la vecchia trazzera.
Oggi è mia figlia Cristina ad accompagnarmi nel mini tour per cantine alle pendici del vulcano. A lei, di base, non piace il vino. In occasioni speciali, però, non disdegna l’assaggio di un buon calice, soprattutto se è il profumo a colpirla positivamente.
Arriviamo in contrada Rovittello, dopo aver superato il passaggio a livello automatico con le barriere sollevate. Il convoglio è appena passato oltre, a bassa velocità (qui non si parla affatto di Tav presenti e future). Pochi metri e siamo nello spiazzale antistante l’antica masseria. Alla nostra sinistra si staglia maestoso l’Etna dalla cui sommità si leva un rigagnolo di fumo: un’eruzione ogni 10 giorni caratterizza questo periodo. A “muntagna” è lì che incombe, minacciosa e rassicurante al tempo stesso. Sul terreno cenere a profusione.
E’ una calda giornata di fine estate e i profumi di zagara e agrumi impregnano l’aria.
Il borgo è Rovittello (in dialetto siciliano “piccolo rovo”), una delle tante frazioni di Castiglione di Sicilia, fra le più “vocate” della Doc Etna. Pensieri e considerazioni mi attraversano la mente in un lampo, affascinato dalla “location” inimitabile, quando all’improvviso mi riporta alla realtà il cenno di saluto della padrona di casa: eccola Silvia Maestrelli materializzarsi vicino al vecchio pozzo con il suo abito leggero color verde pistacchio … di Bronte, ovviamente 🙂
Siamo a Tenuta di Fessina (i “vigne i fessina” come la chiamano ancora gli abitanti del luogo), una realtà enologica giovane e dinamica, che in pochi anni sta già lasciando il segno fra le centinaia “attive” alle pendici del vulcano più attivo d’Europa (gioco di parole voluto).
Ora sì, la visita può cominciare, accompagnati da Silvia, mentre l’enologo e wine maker valdostano Federico Curtaz è impegnato a lavorare con lo Chardonnay appena vendemmiato.
Ma, andiamo per ordine. Non è la prima volta che visito Tenuta di Fessina.
La “prima assoluta” è stata lo scorso marzo, in concomitanza con “Sicilia En Primeur”. Ecco perché i lettori più attenti si accorgeranno che le foto si riferiscono a due periodi diversi: estate e inverno. Così ho potuto constatare e toccare con mano i progressi nel lavoro svolto in vigna e in cantina in poco più di sei mesi. E non è certo poco.
Eccolo il vecchio latifondo delimitato da due antiche colate laviche (le “sciare”) che avvolgono le piante cariche di grappoli, creando un ambiente dal microclima incomparabile. Questa era l’antica vigna della famiglia Musmeci. Qui Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio (da cui si origina il cru “Il Musmeci”) si coltivano da secoli. I filari ad alberello che ci mostra con orgoglio Silvia Maestrelli sono stati impiantati nel 1920, quasi un secolo fa. Siamo a 670 metri sul livello del mare. Tardiva (in ottobre) la vendemmia delle uve a bacca rossa in questo versante dell’Etna. In diverse zone alle pendici del vulcano le viti sono “a piede franco” cioè impiantate direttamente nel terreno senza portainnesto: una caratteristica che favorisce l’età anche secolare di queste piante.
Da vigne più recenti, a Rovittello, nasce “Erse”, Etna Doc, sempre da Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio.
Ma il “sistema” Tenuta di Fessina (con l’accento sulla e, mi raccomando) non comprende solo i 7 ettari di Rovittello, acquistati nel 2007. Ci sono altre realtà satelliti che rendono più variegata la qualità complessiva dei prodotti.
A Santa Maria di Licodia, sul versante Sud Ovest del vulcano, da uve a bacca bianca autoctone di Carricante coltivate a 900 metri d’altitudine e vendemmiate in ottobre ha origine “A Puddara” uno straordinario Etna Doc. Della stessa area è il “Laeneo”, Igt Sicilia da Nerello Cappuccio in purezza.
Da un vigneto impiantato nel ’98 in Val di Noto si produce “Ero”, un Nero d’Avola al 100%. E c’è infine il “Nakone”, un Igt Sicilia tutto Chardonnay coltivato a Segesta, all’ombra dell’antico tempio greco. Qui le uve si raccolgono a metà agosto, prima di tutti gli altri vitigni.
Silvia Maestrelli è una donna del vino a tutto tondo. Fiorentina (anche lei doc), è proprietaria di Villa Petriolo, un’azienda agricola in Toscana, sulle colline di Cerreto Guidi, in pieno “Chiantishire”. E’ questa la fattoria di famiglia dove da 40 anni produce vini e oli di qualità. E Tenuta di Fessina, alle pendici dell’Etna? E’ frutto di un “colpo di fulmine” come ama dire Silvia. Pura verità e si vede – aggiungo – non recondite strategie di diversificazione commerciale. Lei e il marito, l’industriale milanese Roberto Silva, si sono innamorati subito di questo che fino al 2007 era la vigna del signor Ignazio Musmeci. Detto fatto, l’hanno acquistata e insieme all’enologo valdostano Federico Curtaz (co-proprietario) hanno praticamente rinnovato e ristrutturato tutto lasciando intatta però l’essenza delle vigne e delle terre meticolosamente curate per decenni dal vecchio proprietario a cui, per riconoscenza e omaggio hanno dedicato il vino più pregiato.
Lasciando da parte facili considerazioni, ho avuto il piacere di notare come Silvia Maestrelli sia davvero operativa in questa terra fertile, ma difficile e non abbia mai paura di sporcarsi le mani lavorando sodo e dando l’esempio. Non per puro divertimento “snob” ma perché ci crede davvero. Senza dimenticare mai il “gioco di squadra” di cui proprio Silvia è attenta “fan” e organizzatrice nonché attenta propugnatrice delle pubbliche relazioni, non solo della propria azienda, ma di tutto il comprensorio etneo.
Con lei, anche Federico Curtaz che, dopo l’esperienza con il maestro Gaja nelle Langhe, proprio qui sta mettendosi in gioco veramente re-inventando la sua professione di enologo, agronomo e – aggiungerei anche – di “gladiatore del vino”.
Una nota di merito, a parte, va alla linea dei disegni “minimal” ma artistici che caratterizza le etichette delle bottiglie: si va dal serpente stilizzato di “Ero” all’occhio di “Erse”, dalla costellazione su etichetta blu di “A Puddara” al grigio quasi pieno di “Laeneo”, passando per la magica figura di “Nakone” e chiudendo con la rassicurante, tradizionale effige del palmento raffigurata su “Il Musmeci”. E anche i nomi prescelti hanno ciascuno una loro storia: antiche divinità, stelle, detti dialettali, tutto pulsa e vibra Sicilia.
Ma i vini? I vini di Fessina meriterebbero ciascuno un capitolo a sé di Wining. Avrò modo di parlarne più in dettaglio.
Oggi però voglio descrivere la verticale di “Nakone”, un bianco Chardonnay che ho avuto la fortuna e il privilegio di bere in tutte le sue annate finora prodotte: con Silvia, Federico, i suoi collaboratori e mia figlia Cristina che (incredibilmente) ha davvero apprezzato per (indovinate un po’?)… “i bei profumi di questo vino”! Al di là delle note di degustazione, questo è un merito incontestabile di cui Tenuta di Fessina sarà chiamata a rispondere, per sempre, in futuro.