di Lisetta De Simeis
Io penso che ‘raro” è meglio di “perfetto” (Fabrizio Caramagna)
In un viaggio ideale, ma molto concreto, nel mondo dell’Uva Rara, parto dalla mia casa di Milano a cavallo della mia piccola jeep in direzione Casteggio.
Appena entrata nel territorio Oltrepadano mi diverto ad imboccare le vie sterrate, ondeggiando sulle strade tortuose tipiche dei clivi della zona. In silenzio, quasi al passo, mi spingo lentamente in un paesaggio magico, quasi surreale. La giornata uggiosa acquerella il territorio colorandolo di toni cioccolato, noce e zenzero. Io sfioro al mio passaggio tutte le sfumature del marrone e mi calo completamente nei morbidi clivi.
Dai vigneti ancora dormienti vedo fare capolino i giovani tralci, in attesa che la fioritura porti a concepimento l’adorato frutto. Mi sento come un cavaliere, o una principessa guerriera che supera mille insidie alla ricerca del Graal o meglio dell’Uva Rara.
La mia immaginaria tavola rotonda è il momento della degustazione, la mia spada un bicchiere, il cuore è l’assaggio, per vedere ed emozionarmi con tutti i sensi, ma soprattutto uscire dall’ordinario.
Quali avventure dovremmo ancora affrontare insieme?
Io, la vostra dama “Cavaliera”, vi condurrò per mano in questa ricerca.
Visita in Cantina
Arrivata nei pressi di Casteggio mi fermo in visita all’azienda Picchi.
Se vi venisse voglia di passare da queste parti, vi garantisco che sarete coccolati da Gabriele, enologo e proprietario e dalla moglie in attesa del terzo figlio. Questa bellissima famiglia, oramai alla sua quarta generazione, ha seguito le “orme” del capostipite, il nonno Remo, e produce vini “sinceri”, “puliti”: vini come “una volta” dico io, testimonianza della tradizione e del territorio. In questa azienda infatti, è possibile trovare diversi vitigni fra i quali il classico Pinot ma anche varietà autoctone come la nostra Uva Rara.
Cenni di ampelografia
L’Uva Rara è un vitigno autoctono a bacca rossa coltivato in Piemonte nelle province di Novara e Vercelli e in Lombardia nella provincia di Pavia, dove in passato veniva spesso identificato erroneamente con la Bonarda. Proprio per questo troviamo ancora oggi l’Uva Rara definita nel vocabolario popolare come Bonarda di Cavaglià, Bonarda di Gattinara, Balsamina e altri nomi meno utilizzati.
Il grappolo di questo vitigno è medio-piccolo; le bacche hanno bucce di colore blu fitto con alte concentrazioni di pruina, quella patina cerosa che ha la funzione di proteggere i chicchi dai raggi ultravioletti, regolandone l’eccessiva disidratazione. Proprio per l’elevato contenuto zuccherino e la moderata acidità l’Uva Rara è ottima anche come uva da tavola
Un po’ di storia
Un territorio espressione di contaminazioni plurisecolari dai Romani da cui deriva lo stesso nome di Casteggio (Clastidium) fino ai Longobardi.
Oltrepò Pavese terra di cultura, dunque. (Citazione di Federico I, detto il Barbarossa, nel 1164)
Uno dei territori dove si coltiva l’Uva Rara è l’Oltrepò Pavese, terra vocata sin dall’epoca degli Etruschi, già nel VI secolo a.C., e poi dai Longobardi. Fu la Regina Teodolinda a concedere alcuni campi ai monaci irlandesi, seguaci del monaco Colombano, i quali coltivavano la vite con cura e grande maestria, coadiuvati da compendi di agronomia che, in quanto abili amanuensi, trascrivevano su storiche pergamene. Ricordiamo che l’Oltrepò Pavese può contare su una superficie vitata fra le più estese in Italia.
Proprio in questo comune, custodita nel Museo Archeologico, trovo una piccola fogliolina di bronzo di una pianta di Uva Rara, scoperta fortuitamente nel 2007 in alcuni scarti di fonderia. Sempre qui viene custodito anche un fossile di tralcio di vite risalente all’epoca preistorica, testimonianza dell’antico legame che questa terra ha con la Vitis Vinifera.
Il vitigno Uva Rara
Questo particolare tipo di una si coltiva generalmente con la forma d’impianto a Guyot e predilige terreni collinari con impasto argilloso e limoso. Sì difende bene dai fenomeni di marciume e dagli agenti atmosferici avversi, come la grandine. La sua forza, però, viene meno di fronte all’oidio ed è mediamente resistente alla peronospora.
L’Uva Rara (tranne pochissime eccezioni) non viene quasi mai impiegata in purezza. E’ utilizzata invece in assemblaggio con altri vitigni piemontesi nei vini di Chieri, del Monferrato e dell’Astigiano. Quando impiegata in purezza però riesce a fornire buoni vini, specialmente nella denominazione IGT, spesso commercializzate nel Pavese, ma anche in Piemonte e in alcune aree dell’Emilia.
La Degustazione
Oggi ho degustato per voi un rosso e un rosato di Uva Rara in purezza.
Picchi – Uva Rara Rosso 2018
L’aspetto del vino con il suo vestito rosso sembra quello di una pietra preziosa con varie sfumature che degradano dal colore rosso intenso fino a scovare in maniera ineluttabile le cromie più vivaci che dal sangue di piccione virano verso quelle più calde ingentilendosi. Una meraviglia, un piccolo gioiello tanto raro quanto autentico.
I profumi sono note gradevoli di succosa marasca, il ventaglio odoroso invita al sorso e si riconoscono in maniera nitida la ginestra e le note speziate, espressione dell’affinamento in botti di rovere francese per 6 mesi.
All’assaggio i tannini sono quasi assenti. La serenità, la dolcezza, l’equilibrio della corrispondenza gusto-olfattiva lasciano intravedere il tocco caratteristico del vitigno e della mano che ha fatto nascere questa bevanda. In definitiva è un vino da consumare preferibilmente giovane.
Si abbina perfettamente a salumi freschi, primi piatti ai funghi porcini, faraona arrosto e formaggi poco stagionati.
Picchi – Uva Rara Rosato 2020
Si mostra di un colore cerasuolo brillante. Al naso i sentori di fragoline e ribes si “allungano” in un soffio, tra le voci dei bambini che giocano sull’erba. Il sorso è vivace, dinamico, espressione di una bella corrispondenza fra naso e bocca. Nel bicchiere continua ad evolversi liberando note di fiori di campo e così mi lascio prendere, disegnando mille versi come un cantastorie che cattura “farfalle. Al gusto vincono la persistenza fruttata, la freschezza e la sapidità. Affinamento: 6 mesi in acciaio.
Vedo il vino come un ambasciatore di esperienze, visioni e vibrazioni. “Vie don’t lie” (le vibrazioni non mentono).
Mi concedo un abbinamento con torta salata a base di cipolla dorata, tipica del territorio vogherese fin dall’800. Accompagna molto bene i salumi oltrepadani e le zuppe di pesce.
In conclusione, in questi anni caotici e a tratti faticosi, l’eleganza e la delicatezza delle piccole cose è o non è una rarità?