(U.G.) La Gallura è quella sub-regione che identifica il territorio a nord-est della Sardegna: per noi che scriviamo di vino è soprattutto la patria del Vermentino, il vino bianco identitario dell’isola. Ma non solo: uve Vermentino sono allevate con successo in Liguria, in Toscana e più di recente anche in Sicilia.
Oggi, però, abbiamo scelto di parlarvi di una bottiglia che ci ha colpito in modo del tutto particolare: è il Vermentino di Gallura Superiore Kramori, millesimo 2021, assaggiato per la prima volta (pensate un po’) in Val d’Aosta, grazie a Giulio Corti, responsabile commerciale estero dell’azienda Les Cretes nonché compagno di Elena Charrere, figlia del grande Costantino. Vi chiederete cos’ha da spartire un vino sardo con la Val d’Aosta. Ve lo riveleremo dopo la degustazione. Che poi è stata doppia. Abbiamo avuto il tempo di assaggiare lo stesso vino, una seconda volta, qualche giorno dopo, a Roma.
Kramori Sgorga giallo paglierino con riflessi verdolini. All’olfattiva diffonde fragranze di ginestra, elicriso, origano, menta e poi in sequenza timo, salvia, note balsamiche, pesca gialla alternata a nuance di passion fruit e mango. In realtà, il primo approccio olfattivo non è così composito: diamo al Vermentino il tempo di ossigenarsi nel calice e poi vi darà grande soddisfazione. Il sorso si espande deciso, dinamico, strutturato, corposo, supportato da notevole freschezza e con sapidità e forte salinità in evidenza. Chiude lungo su una gradevole scia speziata. Nota di merito: nonostante l’alcolicità complessiva, trova subito un suo equilibrio gustativo che smorza l’effetto calorico e aiuta il sorso.
Un nettare, questo Vermentino, che è la perfetta fusione del terroir gallurese, fra acque sapidissime, aromi della flora mediterranea, brezze freschissime, escursione termica, asprezza dei suoli.
Da provare con filetti di baccalà e patate.
Note tecniche
Le uve provengono vigneti che hanno un’età media di 18 anni, nel territorio dei comuni di Telti e Calangianus (Olbia), a 500 metri di altitudine. Allevamento a Guyot. Siamo nel territorio del Monte Limbara dove i suoli sono in parte sabbiosi e in parte argilloso-sabbiosi con miste a pietre derivate dai minerali di quarzo. Fermenta per 15 giorni in tini di acciaio a 16/18 °C, non fa malolattica. Poi 8 mesi di elevage sui propri lieviti e altri 2 mesi di affinamento in bottiglia.
14,5% alcol – prezzo 16 euro
Sa Raja in sardo significa sorso ma è anche il toponimo del luogo in cui è stata costruita la cantina. La fusione Saraja è diventato il nome dell’azienda, originata dall’intuizione felice di cinque personaggi che il vino lo trattano e lo “masticano” da decenni: Mark Hartmann (direttore vendite Colterenzio), Enrico e Marco Faccenda (Cascina Chicco), Giulio Corti (Les Cretes), Emanuele Schembri (commerciante di vini). Metteteci poi che l’enologo è il valdostano doc Federico Curtaz, già wine maker in diverse regioni e vignaiolo in proprio anche sull’Etna. Ed ecco spiegato il nesso forte Val d’Aosta-Sardegna.
Tutte le etichette di questa giovane azienda sarda mostrano un fil-rouge evidente: voler tracciare forte il solco della tradizione vitivinicola della Gallura. Questo vino, per noi, è qualcosa di più: è fortemente mediterraneo.