di Lisetta De Simeis
Lo scorso marzo, per due giorni, lo storico palazzo del Ghiaccio di Milano si è trasformato nel “regno” del Vino Naturale.
Proprio in questo luogo Live Wine ha “raccolto” 150 cantine provenienti da tutta Italia e anche da Francia, Slovenia, Argentina e Austria. Il filo che cuce insieme la filosofia e le scelte di questi produttori è il comune intento di fare le cose evitando il più possibile l’intervento e la contaminazione della mano dell’uomo, dando massima espressione alla purezza al territorio.
Stiamo parlando, infatti di vini sostenibili: “organic wine”, per dirla come li intendono fuori dal nostro Paese.
Vi racconto il mio giro. Appena entrata, nella grande sala vengo accolta dal brusio e dalla moltitudine di gente che si accosta educatamente ai banchetti adibiti alle degustazioni, mi diverto ad osservare il saliscendi delle mascherine che si alternano alle bocche desiderose di assaggiare i vini in degustazione. I volti delle persone sono sorridenti e c’è tanta curiosità. In alto, sulla destra, padroneggia una sala vetrata ed esattamente al polo opposto campeggia tutta una zona adibita al food fra tarallini di ogni genere, salumi, formaggi, olio ed altro.
Iniziato il giro, la mia attenzione è colpita subito da una coppia di ragazzi, bellissimi: sembrano Barbie e Big Jim. Ovviamente con la mia sfrontataggine, glielo dico in faccia e loro si mettono a ridere! Iniziamo a dialogare… Nina è la fidanzata di Lan Kristancic, il figlio del proprietario che è lì, accanto a lei.
Parliamo infatti di Movia, azienda che con i suoi 22 ettari vitati fra il Collio friulano e la Slovenia vanta una storia antica più di 300 anni. I metodi di coltivazione non prevedono nessun intervento enologico, nessuna filtrazione per l’imbottigliamento, nessun utilizzo di prodotti chimici né conservanti.
Fra i tanti vini interessanti vi voglio raccontare del Veliko Belo Movia 2016, un prodotto che matura in barrique sulle fecce fini per tre anni e mezzo e fa un altro anno di affinamento in vetro.
Uvaggio: Ribolla gialla 60%, Pinot grigio30%, Sauvignon 10% .
Non farò la degustazione completa, ma vi voglio lasciare questa immagine…avete presente la torta di mele della nonna? Quella che viene fatta raffreddare appena sfornata sul tavolo della cucina o sul davanzale di una finestra? Ecco, appena messo al naso si sente il profumo caldo, la mela e la vaniglia, poi in bocca ritrovi quella scorzetta di limone grattugiata fresca mentre il corpo avvolgente del sorso ti lascia soddisfatto come un bambino. Ha un lunghissimo potenziale d’invecchiamento e non aggiungo altro.
Il motto della famiglia è “Sii autentico, rispetta madre natura e non ostacolarla nel suo corso”
Continuo il giro, saluto tanti amici sommelier
ed in particolare Antonio, il quale mi trascina letteralmente, verso una persona sorridente, originale e autentica come la sua cantina: Tenuta Cà Sciampagne. La cantina giovane di nascita (2008) ha acquisito la certificazione biologica nel 2016. Ubicata nell’entroterra marchigiano, prende il suo nome dalla località dove sono piantati la maggior parte dei vitigni: oltre agli internazionali si coltivano i nostrani Bianchello del Metauro e Montepulciano.
Osservo le bottiglie in carrellata e fermo la mia attenzione sulla Ziagara 2020. E ’un rosato quasi aranciato, come si vede dalla foto, da uve Bianchello del Metatauro e Sangiovese in egual misura. La “vinificazione” non accetta compromessi di alcun genere, no ai solfiti, utilizzo solo di lieviti indigeni, raccolta delle uve manuale, rifermentazione in bottiglia. Nel bicchiere si evince da subito il fondo di fermentazione, il mio naso si tuffa su un cestino di fragole appena raccolte, mentre ne addento una, mi volto attratta dai sentori di erba appena tagliata nel campo del vicino, la retro-olfattiva ricorda la buccia d’uva sgranocchiata sotto i denti, ecco quello che vedo e sento…ma andiamo avanti… finisco in Francia, in Bordeax. Chateau tour Blanc Sables Fauves 2010, uve Ugni Blanc 100%, vino con un carattere molto particolare: all’inizio un po’ scontroso con le sue note di idrocarburi ma poi ti delizia con i suoi profumi di papaia, zenzero e tocchi speziati quasi esotici, affascinanti nel complesso. Sul finale gli aromi di frutta secca, quelli del sacchetto appena appena aperto, per intenderci, avete presente? Rendono questo vino semplicemente irresistibile.
Ora Mi fermo davanti ad un tavolo con due ragazzi sorridenti ma senza vini: Azienda Agricola Marino Abate che si trova in Sicilia Occidentale, fra Marsala e Mazara del Vallo. I loro vini non sono arrivati in tempo alla fiera, quindi mi faccio raccontare della cantina e dalle parole si percepisce amore, passione e rispetto per il territorio. “La natura non ha fretta eppure tutto si realizza”.
Il mio tour condiviso con voi fra i banchi della fiera mi
porta in Puglia, ai piedi della Murgia Barese.
Chiudete gli occhi e immaginate di immergervi fra gli uliveti fino a salire a 320 mt di altitudine, poi rilassatevi mentre degustate lo spumante Millesimato de L’Archetipo che nasce da uve Marasco, un vitigno locale scoperto dalla cantina. E’ un metodo ancestrale, brut naturale (il mosto fermenta spontaneamente grazie all’aggiunta di pied de cuve contenente lieviti indigeni; poi viene travasato in autoclave dove rimane per 6 mesi), puro genuino, generoso, che sa di mela verde croccante, fresca succosa, ma non vado oltre… lascio a voi il gusto della scoperta di questo prodotto, che rappresenta un perfetto connubio fra natura, terra e uomo.
Alla fine del mio tour mi fermo in Italia a “valicare le Alpi” e seguo la degustazione alla cieca guidata da Giorgio Fogliani.
Il relatore esordisce citando le parole di una canzone di Francesco Guccini: “Le Alpi, si sa, sono un muro di sasso, una diga confusa, fanno tabula rasa di noi che qui sotto, lontano, più in basso, abbiamo la casa; la casa ed i piedi in questa spianata di sole”.
La vite mette le sue radici a valle su terreni spesso impervi, duri, sassosi con esposizione a Sud. Per arginare l’erosione e favorire l’approvvigionamento di acqua, l’uomo ha costruito con tanta fatica dei terrazzamenti in pietra che caratterizzano tanti paesaggi montani, dal Piemonte alla Svizzera fino alla valle della Mosella in Germania. Oggi molte valli di montagna sono un ricco giacimento di varietà autoctone. Sei vini in degustazione dalla Val d’Aosta con la bianca Petite Arvine (vitigno di nascita Svizzera) alla Valtellina (Nebbiolo Chiavennasca di Valgella coltivate su suolo granitico e scisto) ed è così che voglio concludere il mio tour, con il pensiero che viene riportato sul sito della azienda Barbacàn per l’ ultimo vino in degustazione.
“Crediamo in una viticoltura naturale in cui l’uomo e il suo sapere siano al servizio del territorio. Senza finzioni o artifizi accompagniamo le nostre uve sane e vive lasciando spazio alle fermentazioni spontanee. Siamo contadini sulle Alpi, preserviamo il pluralismo dei nostri antichi vitigni autoctoni e l’identità culturale delle pratiche agronomiche tradizionali.”