di Mirella Vilardi
“C’è chi salva un monumento, un’opera d’arte, un libro antico, io ho recuperato un vitigno”. Parole di Mariuccia Borio che, in quel di Costigliole d’Asti, nella sua Cascina Castlet, dedica circa due dei trentun ettari aziendali all’Uvalino. Un vitigno da sempre presente nei vigneti di questa parte di Piemonte, lo abbiamo trovato, addentrandoci un poco nelle ricerche, sulla Gazzetta Piemontese di mercoledì 27 gennaio 1869, oggetto della donazione per la lotteria di vini a scopo benefico dal Conte Melchior Corsi di Bosnasco, ma anche nell’elenco delle uve della provincia di Alessandria nei Quadri della Natura Umana – Feste ed ebbrezze, redatto dal Mantegazza, sempre nella seconda metà dell’Ottocento, e via dicendo, fino ai giorni nostri. E’ stupefacente quanta letteratura inerente il vino ne parli, benché la produzione non fosse mai stata di gran quantità, tutt’altro.
Ed è proprio per l’interesse delle carte d’archivio, dei racconti orali, che “la Mariuccia” si è appassionata, fino a diventare lei stessa tema di una narrazione che lega, ormai in modo inestricabile, il suo nome all’Uvalino. Anni intensi di ricerche, con il coinvolgimento dell’allora giovane enologo Giorgio Gozzellino, della sezione astigiana dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura nella persona del direttore Lorenzo Corino, dell’Università di Torino e dell’Università di Bordeaux, hanno ridato attualità a una realtà lasciata all’oblio.
Uno di quegli abbandoni, nel mondo dell’enologia, tanto frequenti quanto inspiegabili, assodatane la presenza di almeno due filari al limitare di ogni vigna, in passato. Due filari di grappoli preziosissimi, che maturavano tardivamente, alla maniera del Nebbiolo, e che, proprio per questo, diventavano vini che oggi diremmo “da meditazione”, oppure usati in soccorso al “torchiato” o per la “queta”, bevanda estiva d’antan. Se vinificati in purezza, il vino che se ne otteneva era quello per le grandi occasioni, da regalare al medico o al farmacista, quando veniva Natale, per sdebitarsi. E certo, sia l’uno che l’altro, ne avrebbero apprezzato, oltre al gusto pieno, all’asciuttezza, alla memoria di spezie dolci e frutta matura, la concentrazione molecolare di resveratrolo superiore fino al 40% rispetto a tutti i vini da uve a bacca nera nel mondo. Ma queste sono le scoperte più recenti che concorrono a giustificare, al di là di ogni visione romantica, la resurrezione di un vino buonissimo che fa anche bene.
Mariuccia stessa ci racconta, tuttavia, di essersi imbattuta tra i verbali della Società degli Enofili, in un testo scritto nel 1844 da Agostino Oddone farmacista in Costigliole che parla, a proposito degli Uvalino, come di «vini fatti al sole, con metodo semplice, senza manipolazione ed infusione che possano alterarne la natura. I passiti ricavati sono adatti all’invecchiamento. Havvi una bottiglia del 1796 che la Società fa riserva di assaggiare il prossimo settembre».
Se la presenza del vitigno si trova nell’Astigiano e nell’Alessandrino da tempo immemore, le date del recupero sono piuttosto recenti e ben documentate. Anni ’80 – Renato Ratti, produttore di Barolo, aveva impiantato a Villa Pattono, di fronte a Cascina Castlèt, una piccola vigna di Uvalino che innescò la miccia della ricerca nella dirimpettaia Mariuccia. 1992 – impianto del primo filare. 2002 – la Gazzetta ufficiale sentenzia la rinascita dell’Uvalino che viene inserito nella regione Piemonte come varietà riconosciuta e autorizzata. 2003 – presentazione del progetto al VII International Symposium of Oenology di Arcachon, organizzato dall’Università di Bordeaux. 2006: prima vendemmia ufficiale. 2009.- etichettata la prima bottiglia e messa in commercio. 2023 – gli ettari vitati a Uvalino, sono circa due, dai quali si producono cinquemila bottiglie.
Inutile precisare che, la caparbietà di Mariuccia Borio, la fede nel suo progetto, è solo la punta dell’iceberg di un modo d’intendere la natura, l’agricoltura, la campagna, le stagioni, la vita tutta. L’abbiamo trovata alle prese con la pianificazione del giardino intorno all’azienda, in una molle mattina d’ottobre, fiera ed entusiasta come un’adolescente, per il cinquantenne melograno recuperato chissà dove, a far bella mostra di sé, e il nespolo, il platano, i gelsi, grandissima passione, tutte piante che definisce rustiche, storiche, reimpiantate là dove possono sentirsi “a casa” consentendo anche a chi le guarda, lo stesso senso di appartenenza a quel luogo e solo a quello.
Filosofia condivisa da un’altra realtà, a un’ottantina di km di distanza. Siamo in provincia di Alessandria, dove sulla strada romantica che da Novi Ligure porta a Gavi, costeggiata da ville storiche e vigneti di Cortese, la Tenuta La Marchesa, oltre alla casa d’epoca, all’agriturismo di charme, alle piscine, al giardino all’italiana, vanta un frutteto di frutti antichi, i cui sottofila sono un tripudio di erbe aromatiche. E non è un caso se, primo fra altri, il proprietario Vittorio Giulini, supportato dall’enologo Tiziano Pelanda, ha acquistato barbatelle di Uvalino a Cascina Castlet dedicando loro circa mezzo ettaro dei 76 aziendali. Qualche migliaio di bottiglie sulle tavole, soprattutto del loro agriturismo, a partire da questi mesi. Un progetto-prova che rientra, in quello già radicato, di offrire, agli avventori della bella tenuta, un’esperienza di conoscenza profonda del territorio, una sorta di geografia di storie e persone.
Alla degustazione, Uceline (dedicato a quegli “uccelli” che, approfittando della raccolta tardiva, quando le foglie cadute lasciano i grappoli ben visibili, se ne cibano in abbondanza) di Cascina Castlet, dimostra il carattere di un grande rosso a sette anni dalla vendemmia. Ampio e morbido, i cui tannini, ancora ben presenti, si sono addolciti, un signore in doppio petto che avanza con passo sicuro anche tra i più blasonati. Valino, di Tenuta La Marchesa, è giovane e pimpante, ha tannini più ruspanti che lasciano immaginare, anche per lui, un bell’invecchiamento. Entrambi perfetti con la cucina autunnale della tradizione.
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Fatti e persone che fanno e sorreggono il nostro meraviglioso Paese.
Bellissimo articolo!