di Mirella Vilardi
Quatti quatti, com’è nella loro natura di gran lavoratori, solidi, schivi, con le ali che “volano basso” (c’è chi sostiene che “Esageruma nen” è il motto che meglio li descriva), i Piemontesi ne hanno resuscitato un altro. Stiamo parlando di un vitigno antico, messo nel dimenticatoio dalla fillossera, geneticamente, dicono, senza un papà né una mamma ma con un nome: Baratuciat.
È stato celebrato domenica 23 luglio, in una masterclass e un sorprendente, per numero di etichette, banco d’assaggi nel castello di Camino, nel Basso Monferrato. E si sono scoperte “cose”, si è “vista gente”, si è potuto approfondire una storia interessante, nata (per caso?) ormai trentadue anni fa. Primo autore ne fu Giorgio Falca, prematuramente scomparso nel 2012, non senza aver prima legato indissolubilmente il suo nome alla rinascita del vitigno che è stata la rinascita di Almese e di tutta la Bassa Val Susa.
Si può affermare che Giorgio Falca sta alla Valsusa come Walter Massa sta ai Colli Tortonesi. Con le innegabili differenze caratteriali, entrambi hanno creduto nel potenziale di un vitigno che c’era e che aveva smesso di esserci, sono andati controcorrente, sono stati paladini di piccole valli ai margini di un Piemonte vinicolo che da sempre fa la parte del leone. Entrambi sono stati seguiti da discepoli che hanno diffuso il verbo, sotto forma di piccoli vigneti, via via allargatisi a macchia d’olio.
Il seguace storico di Falca è stato Giuliano Bosio, sempre di Almese, che dal 2007 è produttore di Baratuciat, declinato oggi in cinque etichette, dal Metodo Classico, al fermo giovane, al cru delle Vigne Alte, al Passito. Vini che abbiamo avuto in degustazione e che hanno confermato la versatilità di un’uva la cui acidità è la caratteristica privilegiata. Come il suo compatriota Timorasso, ma anche come i blasonati Riesling Renani dell’Oltrepò Pavese, della Mosella o dell’Alsazia, il Baratuciat ha dunque un grande potenziale di invecchiamento, un bianco che stupisce per il suo maturare negli anni in bottiglia, durante i quali acquista i tipici sentori di miele e pietra focaia mantenendo indiscusse la freschezza e la mineralità. Freschezza e anche frutto che abbiamo ritrovato nello Spumante Metodo Classico dove, nonostante i 48 mesi di rifermentazione, resistono gli effluvi di mela e la crosta di pane è appena accennata.
In Val di Susa, i produttori sono ora una quindicina, per un’estensione vitata di quattro ettari e il Baratuciat è una delle tipologie previste dalla Valsusa Doc che ne prevede in bottiglia almeno l’85%, anche se è pressoché unanime la vinificazione in purezza.
La coltivazione e relativa vinificazione, considerate le alte possibilità del vitigno, si è estesa nelle zone vicine, quali Langa e Monferrato. Qui il nome compare nella generica Doc Bianco ma, in Monferrato soprattutto dove già ne esistono sei ettari, ha le carte in regola per diventare uno dei vitigni di riferimento e la giornata di studio e divulgazione a Camino ne è stata emblematica. È stato detto che proprio Camino e Casale potrebbero diventare due enclave importantissime per il Baratuciat. Casale nel 2024 ne sarà ottimo, ulteriore, trampolino di lancio, essendo una delle venti piccole città dell’Alto Piemonte e Gran Monferrato, zona che ha ricevuto a Bruxelles dal network RECEVIN (Rete Europea delle Città del Vino), il riconoscimento di Città europea del Vino 2024.
3 Comments
Affascinante la storia della rinascita del vitigno antico. L’autrice dell’articolo ha reso palpabile l’ammirevole e lodevole impegno impastato di passione con il quale il seguace Sig. Bosio vi si è dedicato, annodando sapientemente passato e futuro.
Vino di grande interesse e particolare curiosità che ha trovato spazio anche in zone diverse da quella di origine e che già qualche anno un imperterrito investigatore di vigne e vitigni come Ezio Alini, all’epoca dirigente nazionale Onav, organizzazione a cui è appartenuta per qualche anno anche l’autrice del bel commento, aveva cominciato a descrivere come una delle piccole perle della vitivinicoltura piemontese. Bene dunque questa sottolineatura di Mirella Vilardi che ha saputo cogliere nel Baratuciat interessanti potenzialità di sviluppo
Salve ho trovato incantevole la storia da lei scritta con i massimi dettagli dove emerge la sua Passione di enologa.
Quel giorno del signor Bosio o assaggiato le due qualità di Passito che dire uno più buono dell’altro infatti ne ho acquistato una bottiglia.