di Alessia Canarino
La sostenibilità nel Sannio ha il volto giovane e lo scintillio degli occhi di Giacomo Simone. In un periodo di grande innovazione in quest’area della Campania – tra l’egregio lavoro portato avanti dal Consorzio e la nuova nomenclatura dell’uva Camaiola, ex Barbera – emerge una giovane azienda, gestita da un ragazzo naif, sannita e radicale.
Giacomo è un ragazzo che, accollandosi l’onere e gli onori di una tradizione familiare, ha iniziato il suo percorso nella viticoltura nel 2015, con il primo imbottigliamento dei vini da vigneti di famiglia.
La cantina, completamente scavata nel tufo, a Castelvenere (BN) tra i Parchi Regionali del Matese e del Taburno, si ispira alle grottole, le tradizionali cantine sannite, ipogee, scavate nel tufo.
Circondata da parte degli 11 ettari di proprietà, proprio nei pressi della cantina si estende un vigneto sperimentale nel quale Giacomo ha recuperato, da estinzione certa, un’antica varietà a bacca bianca, semiaromatica, l’Agostinella, insieme al Grieco e al Cerreto, vitigni autoctoni, allevandoli in regime biologico dal 2016.
La sostenibilità e l’approccio rispettoso in vigna ed in cantina è il biglietto da visita di Giacomo. L’intera filiera produttiva segue, infatti, un approccio molto rigoroso ed ecosostenibile, che fa di Giacomo un produttore radicale, testardo e coerente. La cantina è alimentata dalla corrente che proviene da pannelli fotovoltaici su “alberi sculture”, nel cuore dei vigneti, che non disturbano il paesaggio circostante. L’acqua piovana è raccolta in vasche, nella corte centrale della cantina, consentendo una riduzione dei consumi idrici ed energetici.
Anche la cantina è stata progettata e realizzata avendo a cuore l’impatto ambientale della struttura. In cantina, la vinificazione per caduta, ottenuta grazie alla distribuzione a cascata degli ambienti produttivi, è coniugata con l’elevata inerzia termica della massa rocciosa e del tetto giardino, che permette di limitare, o addirittura evitare, l’utilizzo di pompe per la movimentazione del mosto e delle uve nelle fasi iniziali della vinificazione.
Questi accorgimenti in vigna, continuano in cantina, con buone pratiche agronomiche, che permettono di portare in cantina uve sane, così da limitare l’utilizzo di solforosa, enzimi e qualunque altro agente chimico per migliorare o “accelerare” la vinificazione. Le bottiglie in vetro utilizzate hanno un peso ridotto per un minore impatto ambientale e i tappi derivati dalla canna da zucchero sono riciclabili al 100%.
Tra i vini prodotti, spicca probabilmente il più estremo. Il Nonno Tore Benevento rosso IGT, un vino blend di Aglianico e Sangiovese, risultato di fermentazione spontanea, senza solfiti aggiunti, senza chiarificanti, non filtrato. Un vino naturale, come molti potrebbero definirlo, che conserva la rusticità dell’Aglianico e i profumi del Sangiovese.
Dal colore ben compatto – la prevalenza cromatica dell’Aglianico è netta – rosso rubino, quasi purpureo, ha note al naso di fruttato fresco e croccante, bacche rosse, ribes in primis, e floreali di geranio, che si evolvono in sentori più erbacei, fieno fresco, seguiti da una leggera speziatura di pepe verde. Al palato l’acidità del Sangiovese e il tannino dell’Aglianico rendono il sorso graffiante, ma pulito e sorprendentemente lungo. Sicuramente un vino ispirato alla tradizione contadina, ma riportato in una veste più curata ed elegante.