di Patrizia Pittia
Dopo due anni di lockdown, Le Donne del Vino di tutta Italia si sono ritrovate in Campania lo scorso giugno per la Convention Nazionale: quattro giorni di incontri, confronti, tour e degustazioni, organizzati dalle socie della regione ospitante, guidate dalla delegata Valentina Carputo.
La convention aveva per tema “Le sfide del futuro nella terra dei miti: il domani del vino è ora”. Dopo i saluti della presidente de Le Donne del Vino (d’ora in poi DDV), Donatella Cinelli Colombini, e di Valentina Carputo, si è passate subito ad esaminare le tante iniziative in programma e in particolare il progetto D-vino fortemente voluto dalla nostra Presidente. Consiste in pratica nel portare le delegazioni delle DDV nelle scuole per far conoscere, tramite testimonianze dirette delle socie, il mondo del vino nella sua interezza, coinvolgere gli studenti per futuri sblocchi lavorativi nel settore dell’enoturismo.
Un primo step in tal senso ha visto impegnate le delegazioni di Piemonte, Sicilia ed Emilia Romagna con un successo oltre le aspettative. Dal prossimo anno scolastico 2022-2023 saranno coinvolte le delegazioni di tutte le altre regioni. Gli interventi di alcune delegate hanno evidenziato il desiderio di divulgare il mondo del vino attraverso i molti progetti che hanno coinvolto le socie in un lavoro proficuo.
Si svolgerà, fra l’altro, il prossimo novembre al Simei di Milano, l’incontro delle rappresentanti di dodici associazioni estere simili alla nostra.
Sono intervenuti poi, graditi ospiti, il prof. Luigi Moio, docente di enologia dell’Università di Napoli Federico II (sul tema “Il domani del vino”); il prof. Eugenio Pomarici, sulle previsioni di crescita del mercato mondiale del vino e il prof. Giuseppe Festa sui concetti del marketing.
L’amministratore delegato di Amorin Cork Italia, Carlos Santos, ha quindi illustrato un argomento di grande attualità: come valorizzare il benessere dei dipendenti nell’ambiente di lavoro: l’attenzione alle risorse umane è una mission fondamentale, parte integrante di un percorso di sviluppo sostenibile.
La prima escursione campana ci porta nel Parco Nazionale del Vesuvio, un concentrato di ricchezza naturalistica dai paesaggi mozzafiato e una tradizione vitivinicola di origini antichissime. Visitiamo ”La Cantina del Vesuvio” nel comune di Trecase, a pochi chilometri dagli scavi di Pompei. Veniamo accolti dalla simpatia dei coniugi Ester e Maurizio Russo. Fu proprio in queste terre che, nel 1930, Giovanni Russo, il padre di Maurizio, decise di fondare una piccola azienda. Oggi può contare su 16 ettari vitati a conduzione biologica. Qui il suolo vulcanico, sabbioso e ricco di potassio non ha permesso alla filossera di attecchire e per questo motivo le viti sono ancora a piede franco. Si coltivano i vitigni autoctoni storici Caprettone, Piedirosso, Falanghina e Aglianico. Il vigneto del Piedirosso è allevato a spalliera, il Caprettone con il metodo della pergola vesuviana. Queste uve sono alla base della produzione del Lacryma Christi Doc.
Esiste a questo proposito una curiosa leggenda. Si racconta che Lucifero, nella sua discesa agli inferi, avesse portato via con sé un pezzo di paradiso e Gesù lo riconobbe nel Golfo di Napoli e pianse lacrime copiose: proprio da queste nacquero i vigneti del Lacryma Christi.
Dopo la camminata in vigna, Ester ci accoglie nel splendido terrazzo affacciato sui vigneti per la degustazione accompagnata da una deliziosa merenda con prodotti del territorio. Fra le tante etichette proposte, questi i due vini che ho apprezzato di più:
CAPAFRESCA – Rosè estra dry da uve Aglianico: un fresco metodo Martinotti dal colore rosa antico e dal naso intriso di fragoline e note agrumate che scorre in un sorso vivace e delizioso;
LACRYMA CHRISTI 2020 – Bianco da uve Caprettone. Sentori di fiori bianchi e gusto di intensa mineralità, con scia finale di pesca bianca e tanta sapidità.
Direzione Boscotrecase dove ci attendono le socie del Vesuvio. Qui noi DDV visitiamo l’azienda Sorrentino. Veniamo accolte dalla terza generazione di viticoltori, le sorelle Benny e Maria Paola, la prima enologa e la seconda responsabile marketing e accoglienza.
“E’ iniziato tutto con nonna Benigna”, racconta Benny, “da cui ho ereditato il nome. Nel periodo della seconda guerra mondiale ha riscoperto la passione per la vite, iniziando a gestire i vigneti autoctoni a piede franco e tante varietà di frutta e ortaggi”.
“Negli anni ’90, papà Paolo e mamma Angela iniziarono un percorso di espansione dell’azienda aprendo le porte ai turisti, facendo degustare la storia del territorio e dei suoi frutti. Una filosofia legata alle radici antiche ma con progetti di sperimentazione e innovazione”
Il racconto appassionato di Benny ci contagia facilmente tanto che si può ben affermare: oggi il vino scorre davvero nelle vene delle giovani generazioni dei Sorrentino.
Visitiamo gli storici vigneti di Caprettone, Falanghina, Catalanesca, Piedirosso e Aglianico. Alcuni allevati con la tradizionale pergola vesuviana e altri con il sistema a spalliera. Tra i filari una moltitudine di piante di pomodorini del Piennolo, dalla buccia consistente, molto apprezzati nella cucina vesuviana. La complessità del suolo vulcanico comprende diverse stratificazioni e ricchezza di minerali, fra pietre pomici, sabbia e lapilli. Risulta perciò molto poroso, drenante e fertilissimo. Un territorio di eccezionale tipicità che ha indotto facilmente l’azienda a scegliere il regime biologico.
Per la cena, ci accomodiamo nella lunga tavolata addobbata a festa tra le vigne, circondate da una vista mozzafiato del Vesuvio, della penisola Sorrentina e dell’isola di Capri.
Questi i vini degustati:
LACRYMA CHRISTI BIANCO DOP – CANTINE OLIVELLA: da uve Caprettone e Catalanesca, giallo dorato con intensi profumi di zagare e gardenia; al sorso d’intensa spalla acida, frutta gialla e grande mineralità;
VIGNA LAPILLO LACRYMA CHRISTI ROSSO SUPERIORE – SORRENTINO: da uve Piedirosso e Aglianico. Rubino intenso, sentori di frutta rossa, more e lamponi, delicate spezie e note terrose; in bocca vivace freschezza, tannini fini e persistenza gusto olfattiva.
Si è fatto tardi. Salutiamo le sorelle Sorrentino, tenaci e instancabili lavoratrici, volti femminili del Vesuvio.
La prima parte del nostro tour si conclude alla Cantina Astroni, nel cuore dei Campi Flegrei, dopo un arduo percorso in salita. Qui incontriamo la quarta generazione, la giovane Cristina Varchetta, impegnata nella comunicazione e nell’accoglienza dell’azienda di famiglia.
“Era il 1892 – racconta – quando il mio bisnonno Vincenzo decise di trasformare la sua passione per il vino in un progetto lavorativo. Aveva capito le potenzialità del patrimonio ampelografico dell’area vesuviana e di una biodiversità unica al mondo. Nel 1999 i miei genitori decisero di fondare l’attuale Cantine Astroni con la la mission di valorizzare i vitigni autoctoni storici a piede franco che esprimono il territorio di cui hanno origine: parliamo di Falanghina e Piedirosso ei Campi Flegrei, noto anche come Pèr’e palummo: il suo nome deriva dal colore rosso, come quello del piede del piccione, che il tralcio assume poco prima del periodo della vendemmia”.
Cristina si rivela davvero competente e poliedrica. Ci porta a vedere sul campo la vigna di Falanghina che si trova a ridosso del cratere Astroni, da cui prende il nome l’azienda: è confinante con un muro di cinta borbonico settecentesco. Alle spalle si trova un fitto e rigoglioso bosco: 250 ettari di riserva naturale protetta e gestita dal WWF. Qui il suolo, a causa delle eruzioni flegree risalenti a 3500 anni fa, è ricco di potassio, anidride fosforica e ossido di calcio che conferiscono caratteristiche territoriali uniche ai vini.
“In questo territorio particolare sono per noi fondamentali – spiega Cristina – la salvaguardia della biodiversità e la difesa delle tradizioni vitivinicole del suolo, nell’ottica della tutela dell’ambiente”
Faccio una considerazione: è davvero confortante ascoltare le giovani generazioni di viticoltrici, donne lungimiranti che interpretano con passione il grande patrimonio enoico ereditato.
Contagiate dalla positività e dall’allegria di Cristina, rientriamo in azienda per un light lunch e un brindisi con i vini delle socie flegree.
Il grande caldo invoglia a degustare una piacevole bollicina di Casa ASTRONI:
ASTRO spumante brut: è una versione di Falanghina con rifermentazione in autoclave. Al naso elegante e intensa, con un alternarsi di fiori e frutta fresca; al gusto si rivela di piacevolissima freschezza e mineralità con una chiusura eccellente che invoglia a fare il bis.
Il parco archeologico di Cuma è tra le più antiche colonie grechein Occidente: risale al 730 A.C e si trova fra i comuni di Bacoli e Pozzuoli. E’ un luogo affascinante, a metà tra il mito e la storia nell’area dei Campi Flegrei. Per gentile concessione, il sito viene aperto a noi DDV per un breve tour. Non solo reperti storici, ma anche vigneti lussureggianti. Una viticoltura antica quella di Salvatore Martusciello. Troviamo il cugino Francesco ad attenderci vicino alla vigna di Piedirosso. In mezzo a un terroir ideale per questo vitigno che dona caratteristiche di finezza ed eleganza ai vini vulcanici. Vulcanici come la moglie di Salvatore, Gilda Guida, donna del vino Campana, che sprizza allegria e positività senza eguali. Non abbiamo potuto visitare la cantina, per lavori di ristrutturazione, ma nelle cene che abbiamo condiviso ho apprezzato tantissimo questo vino Rosso Frizzante:
OTTOUVE Doc Salvatore Martusciello – Penisola Sorrentina sottozona Lettere: un omaggio ai numerosi vitigni autoctoni che lo compongono: Piedirosso, Aglianico, Sciascinoso, Surbegna, Castagnara, Santantonina, Sauca, Olivella; presa di spuma in autoclave per 5-6 settimane. Rosso porpora, naso vinoso e di frutta rossa; al sorso di fresca beva, piacevole e dinamico come Gilda, l’ennesima conferma che i vini sono espressione diretta di chi li produce.
Come abbinamento le pizze trovano il perfetto accostamento e quelle di Diego Vitagliano, pizzaiolo gourmet di Pozzuoli, che hanno accontentato tutti i palati.